Schegge delle Tre Cime negli occhiali
La Borca Occhiali realizza fusti contenenti frammenti millimetrici di roccia dolomitica, raccolta a Forcella Lavaredo.
Primi destinatari i giocatori della Lazio, ma ora l’articolo si trova in vendita nei negozi dell’azienda a Udine, Treviso e in Cadore.
Lozzo di Cadore – Rosa, arancio, grigio chiaro, grigio scuro, violetto.
Sono, cento, sono mille le sfumature della Dolomia. Ora frammenti di questa roccia antichissima, proveniente dalle Tre Cime di Lavaredo, sposano gli occhiali.
Entrano, fondendosi, nelle montature. Si tratta, in realtà di schegge: il diametro è di cinque millimetri, mentre lo spessore non può, necessariamente, superare i due-tre millimetri. Un connubio che non poteva non nascere in Cadore, precisamente a Lozzo, paese dove la “Borca centri ottici” ha inventato “L’occhiale delle Dolomiti”, proprio nell’anno in cui si celebra il decimo anniversario della proclamazione delle Dolomiti patrimonio dell’Umanità.
Il simbolo
Non un caso il Cadore, patria dell’occhiale, non un caso le Tre Cime, simbolo massimo delle Dolomiti, non un caso le dieci candeline Unesco per l’idea realizzata dall’azienda, a conduzione familiare, di Gianni Borca, della moglie Roberta Laguna, dei loro figli Davide e Nicola. Esperienza, tradizione e caparbietà: questa la ricetta che ha portato al raggiungimento dell’obiettivo. Non facile: sono serviti vari permessi per poter accedere all’area delle Tre Cime dove prelevare la Dolomia. Proprietario dell’area, infatti, è il Comune di Auronzo di Cadore “un iter di molti mesi che, peraltro, ha visto l’idea accolta con entusiasmo da tutti gli operatori coinvolti” affermano Roberta e Gianni Borca.
La materia prima
Diciamola tutta, volendo, di nascosto, ci si può portare a casa un pezzo di Dolomiti. C’è chi magari, lo fa, nascondendo il sasso nello zaino. Roberta Laguna e Gianni Borca amano la loro terra, rispettano le valli, i boschi e le rocce. Per realizzare il progetto hanno seguito tutto l’iter burocratico, in modo corretto e trasparente. كيف اربح فلوس E prima di prelevare la Dolomia hanno atteso, quindi, mesi. “La prima difficoltà è stata nel trovare la risposta alla domanda: a chi dobbiamo rivolgerci per avere un parere sulle modalità corrette dell’operazione? – raccontano Gianni e Roberta – abbiamo, quindi contattato l’amministrazione comunale di Auronzo di Cadore. Quando abbiamo avuto in mano i permessi, sicuri che tutto fosse in regola, siamo andati a raccogliere la Dolomia”. Era giugno 2019, la neve si era sciolta: “Abbiamo prelevato il pezzo di roccia, che era già in essere, di dimensioni contenute, praticamente un melone, nella storica Forcella Lavaredo, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, versante di Auronzo di Cadore” è il racconto di Borca – dopo averlo frantumato abbiamo ricavato dei piccoli pezzi che abbiamo lavorato a mano. Ogni frammento risulta così unico per colore e per forma”. Dal punto di vista tecnico la scheggia viene inserita sul terminale dell’asta dove è stato praticato un foro, con effetto trasparenza.
Alla Lazio
Lo scopo della collezione è di mettere in mostra , unite, due eccellenze del territorio: la Dolomia e l’occhiale. “Creando un’emozione” tiene a precisare Roberta. Emozione che, a luglio, è stata condivisa con la squadra di calcio della Lazio che sceglie da 12 anni Auronzo come sede del ritiro precampionato: “ per l’occasione ci è stato chiesto di fare l’omaggio di un occhiale alla Lazio”.
Ecco che il nuovo occhiale delle Dolomiti faceva al caso, donato a staff e giocatori. “Per loro abbiamo personalizzato un modello con colori, logo e nomi scritti all’interno dell’asta. Anche per questa operazione abbiamo chiesto ed ottenuto le autorizzazioni del caso. L’omaggio è risultato graditissimo anche dal presidente Lotito che ne ha colto l’unicità. Nel loro percorso sportivo ora le “aquile” possono sfoggiare L’occhiale delle Dolomiti”. La novità della montatura che contiene le Tre Cime di Lavaredo è, da alcune settimane, nei negozi della Borca centri ottici, presenti in provincia di Belluno, di Treviso e Udine: “Siamo contenti nel sentire che l’emozione che volevamo trasmettere è stata compresa”.
Daniela De Donà.